Salerno a testa in su
La ricerca che il giovane fotografo Enzo Rampolla porta ormai avanti da qualche tempo trova nella sua stessa dimensione la genesi di quello che il soggetto inteso come linguaggio si sviluppa dentro e fuori l’obiettivo fotografico. Una dimensione che trova lo sviluppo in quella che è stata e forse resta la nuova dimensione dell’immagine, in sostanza la fotografia oggi significa attraversamento dei linguaggi e ricerca assoluta di quelle metafore segniche che si intrecciano dentro le diverse perifrasi dei significati. La fotografia infatti ha assunto una dimensione iconografia ben più specifica dentro il panorama della rappresentazione. Enzo Rampolla inverte i significati dell’osservazione e si pone in una attesa che lo pone in una dimensione dell’osservazione, dove il luogo, l’oggetto, lo scorcio restano soltanto un pretesto di un concetto più vasto.
Infatti Rampolla guarda con un diverso occhio il mondo che lo circonda, cercando quei frammenti che si fissano dentro la memoria.
Forse è questo il vero ruolo della sua ricerca, cioè individuare elementi che si collocano dentro il senso della storia e che superano la dimensione del tempo e dello spazio; infatti anche questi elementi trovano una sorta di atemporalità nella dimensione della fotografia.
Ed è sull’immagine fotografica che si deve ricercare la posizione ideologica con cui si sviluppa l’intera ricerca, pertanto i termini con cui Rampolla si confronta si collocano dentro una serie di metafore linguistiche che scavano le più profonde simbologie che si collocano dentro il nostro ricordo.
Quindi una doppia ricerca che tende a mettere in rilievo non solo alcuni aspetti di Salerno ma che essenzialmente diventa un gioco di enunciazione e di attesa.
Salerno a testa in su diventa un viaggio dentro alcuni simboli rappresentativi della città, una specie di citazione continua vista però con un occhio che si colloca da una angolazione non certamente comune; l’osservare, dal basso verso l’alto, diventa un nuovo luogo, una nuova realtà, un senso diverso del percepire.
Sicuramente Enzo Rampolla ha individuato uno scenario diverso dal solito reportage, difatti le sue immagini fotografiche tracciano solo dei particolari, degli scorci, dei frammenti, dei piccoli allusivi elementi che si vanno definire dentro i sottili ed impercettibili meandri del nostro inconscio, per poi riemergere diventando elementi della storia e del nostro vissuto.
Ma, secondo me, l’importanza della ricerca di Enzo Rampolla è questo coniugare questo silenzio assoluto che pervade l’immagine con questa attesa dello sguardo che è proiettato oltre la barriera che è costituita dall’oggetto ritratto; un spazio diaframmato che va oltre il contesto dell’osservazione e si colloca in quella dimensione della pura osservazione.
Questo diventa lo stadio del puro pensiero dove intervengono altri elementi che vanno oltre il senso specifico della materia e si collocano in una dimensione più alta del pensiero; allora la fotografia diventa un pretesto, solo un elemento con cui operare come se fosse un piano su cui lavorare e costruire luoghi il cielo diventa ultimo punto e l’occhio del fotografo l’elemento materico da cui partire.
Pertanto la macchina fotografica e l’occhio meccanico servono come ricostruzione materica di una realtà e di una dimensione che va oltre il suo significato specifico e la testa in su serve per cercare di carpire quel rumore interiore che viene dall’estatico silenzio, ma forse tutto questo serve per capire il significato di una scelta ed il perché di una ricerca.
Nicola Scontrino